BIOGRAFIA

Nata a Bollate (MI), vive e lavora a Pogliano Milanese.

Intraprende gli studi artistici diplomandosi presso il Liceo Artistico Statale di Busto Arsizio (VA) e in arti figurative presso l’Accademia di Belle Arti di Brera (MI).
In questi anni approfondisce la sua ricerca estetica ed espressiva attraverso la pittura che diventerà il suo canale principale di espressione. Sperimenta varie tecniche pittoriche mescolando tecniche classiche e contemporanee, cercando di personalizzare un suo linguaggio formale con una tecnica mista a spatola, una tecnica corposa e materica che ricorda il fascino del muro antico.
La sua pittura tra l’informale e la figurazione si ispira alla figura femminile.
Figure di donne, sospese in uno spazio-tempo indefinito, dalle suggestive vibrazioni cromatiche, suggeriscono attraverso il ritratto femminile, emozioni e stati d’animo che appartengono all’ universo interiore.
Dal 1993 ha inizio il suo percorso espositivo presentandosi a vari concorsi nazionali, mostre collettive e personali in spazi pubblici e privati. Nel corso delle sue esperienze pittoriche sente l’esigenza di approcciare alla pittura murale eseguendo murales di scene figurative. Le sue opere figurano in collezioni private sia in Italia che all’estero.
Negli ultimi anni ha creato un laboratorio di pittura dove insegna le varie tecniche artistiche.

Romina Manoli

Romina Manoli. Il femminile nel tempo umano e misterioso

 Nell’accostarsi all’opera di Romina Manoli, rivive un’intermittenza emotiva suscitata dalla rappresentazione dell’immagine femminile in un percorso senza fine. Viviamo oggi una sorta di tempo compiuto che relativizza e trasforma l’intero universo espressivo in accadimento, attualità, repertorio, citazione.
L’immagine femminile, nella pittura di Romina Manoli, è eventicità, temporalità nelle cadenze, nelle declinazioni dell’esistere.
Rispetto all’horror pleni dei linguaggi, l’immagine femminile è atto incondizionato, inesauribile: corpo, luce, colore, gesto, stile, relazione nel fondo invalicabile (e anche enigmatico).
Scorrendo la documentazione delle mostre, dei cataloghi di Romina Manoli, abbiamo una conferma negli stessi titoli dei dipinti, nella loro originarietà. In un semplice e libero richiamo menzioniamo: «Pensiero inconscio, Vibrazioni inconsce, Quiete, Emozione, Fanciulla silente, Pensieri silenti, Donna allo specchio, Angolo di giardino con fanciulla, Meditazione con libro, Luce dalla finestra, Notte di luna, Guardando la luna, Solitudine».
In questi dipinti il senso della vita è la vita stessa nella sua irritornabilità, nel modo di alzarsi e di ricadere, nella luce interiore della malinconia, nell’attimo dello stupore.
Nel cambiamento epocale dei linguaggi mediatici, la pittura di Romina Manoli è riconducibile a una dimensione unitaria della lingua del corpo, della corporeità.
Lo psichiatra Eugenio Borgna, figura riconosciuta, in un libro, Il volto senza fine (nella collana «Atelier» della Casa Editrice Le Lettere di Firenze), dedica un capitolo al corpo. È il corpo vivente, il corpo vissuto nelle sue metamorfosi, come si ripresenta il cammino del femminile nella pittura di Romina Manoli.
Il corpo, scrive Eugenio Borgna, ha un suo linguaggio, una comunicazione, una «infinitudine di significati». Nei dipinti di Romina Manoli, la corporeità si rinnova di stato d’animo in stato d’animo, di emozione in emozione, di attesa e di meditazione.
Nella scomparsa del tempo e dello spazio, nella perdita dei ricordi, dei nomi, delle forme conosciute, il volto nella pittura di Romina Manoli, rappresenta la presenza, l’immaginario, la carica del desiderio, la discesa alla solitudine, la pensosità, il tratto partecipe, l’evento dell’esistenza.
Nelle raffigurazioni dell’immagine femminile, ravvisiamo in Romina Manoli la componente dell’eros. È la vita occulta, la vita (con un’espressione ricorrente nei titoli) delle «vibrazioni» che escono da un significato plausibile per entrare in una coscienza emotiva, del profondo.
Al di là di astrattezze categoriali, nell’accostamento all’arte, vengono ribaditi due aspetti di
primordio, complementari e dialettici: il corpo, lo sguardo.
Esemplare, nello sguardo, la figura di Alberto Giacometti. Nella dedizione, nelle ore notturne del dipingere, davanti alla modella (o la moglie Annette, o la figura notturna di Caroline, o la giovane cameriera del Canton Grigioni, Nelda) Giacometti voleva arrivare allo sguardo: il fondo inconoscibile, la memoria di ciò che abbiamo amato e non è accaduto. Uno studioso, John Berger ha scritto che l’atto del guardare, nel tendere all’assoluto era per Giacometti «una forma di preghiera».
Nella corporeità, l’immagine femminile, in Romina Manoli, come abbiamo già sottolineato, è un viaggio inedito, l’espressione infinita della vita.
Per lo sguardo un dipinto di Romina Manoli ha come titolo Guardando la luna. È un’apertura, psichica e poetica, al mistero della notte, al mistero della luna.

Stefano Crespi

“È una pittura che colpisce e incanta, quella di Romina Manoli, intrisa di un sentimento a metà strada tra la malinconia e la pensosa serenità. Le sue figure femminili- (che ricordano, nel tratto e nei colori, quelle di Gauguin, ma se ne discostano per una sinuosità dei corpi che nelle opere del Maestro francese non è così evidente), esprimono grazia, delicatezza, leggiadria. E la bellezza esteriore appare come manifestazione di quella interiore, in una perfezione che lo spettatore, con il suo sguardo, teme quasi di turbare.“

Cristina Masetti

“La pittice Manoli pur rimanendo tra una pittura fortemente classica continua ad emozionarci con queste figure di donna, visi di donne geometrizzate. Il mistero si infittisce alla presenza di questi visi muliebri. Siamo alla presenza di un’artista che sicuramente è a conoscenza di una tecnica pittorica di alto livello e la memoria ci porta a ricordare i grandi maestri, quali Campigli.”

Antonio Traversi

“…le donne lo sanno, lo sanno da prima quand’è primavera o forse rimangono pronte, è il tempo che gira…”

“Nel contemplare le nuove opere di Romina Manoli, in mostra a Villa Pomini, è possibile ritrovare, sotto uno strato di ruvida materia dai colori pompeiani, le tracce di un mistero profondo, la quintessenza del femminile. Le sue donne abitano un tempo indefinito, quindi perenne: si rivelano attuali nel gioco spontaneo della seduzione, nell’attitudine innata ad un pensiero che viaggia lontano, ma al contempo evocano eleganti cariatidi, sacerdotesse del tempio, dalle pose aggraziate e dalla fisicità classicheggiante. I titoli delle opere mostrano chiaramente come la dimensione autentica dello svelarsi dello spirito femmineo sia quella dell’intimità, della confidenza, della meditazione. Veneri e madri, amiche e matrone, le donne di Romina sono sempre donne in attesa, in ascolto di se stesse, della propria anima. Quel loro sguardo assorto, di cui a volte risulta impossibile scindere le infinite sfumature emotive, diventa emblema dell’essere donna, ieri come oggi…in una sorta di ritratto “universale” da cui, come canto di Sirene, sembra impossibile non rimanere ammaliati.”

Manuela Ciriacono